La vera pandemia è la plastica
Quanto ha inciso il covid-19 sull’aumento della produzione e sull’utilizzo di plastica? Secondo i dati registrati la pandemia ha frenato bruscamente la lotta all’inquinamento da plastica.
Dopo l’enorme sforzo per arrivare ai (purtroppo ancora miseri) risultati nella lotta all’utilizzo della plastica, la pandemia ha sancito un poderoso stop a questa battaglia.
Ogni giorno vengono utilizzate circa 6 miliardi di mascherine, realizzate in fibra di plastica, a livello globale. Soltanto l’UE ne utilizza circa 900 milioni al giorno. Essendo materiale, considerato potenzialmente infetto, non può essere riutilizzato o riciclato.
Pre-pandemia si stimava intorno al 40-45% il consumo di prodotti confezionati rispetto allo sfuso, con la pandemia si è arrivati al 60%. Il 46% delle persone che prima prediligeva lo sfuso è tornata ad acquistare prodotti imballati.
I lockdown hanno stimolato anche gli acquisti online e con essi gli imballaggi plastici dei prodotti e i servizi di consegna di cibo, aumentati in media del 56%.
Per quanto riguarda l’inquinamento dei mari, una recente ricerca fatta da Nature Sustainability ha evidenziato quattro categorie di prodotti che assieme rappresentano quasi la metà dei rifiuti presenti in mare: sacchetti di plastica monouso, bottiglie di plastica, contenitori e posate per l’asporto e involucri vari per alimenti.
La lista dei rifiuti più comuni annovera anche corde e attrezzi da pesca in plastica, coperchi e tappi di bottiglie e contenitori alimentari. Lo studio conclude come la plastica rappresenti l’80% dei rifiuti in mare, dato già noto, quello che sorprende è l’elevata incidenza dei contenitori da asporto e degli oggetti monouso in generale.
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