La malnutrizione nel mondo ai tempi del Covid-19
Catene di approvvigionamento mondiali stravolte e potere d’acquisto dei cittadini eroso in maniera significativa. La pandemia da Covid-19 ha fortemente incrementato il tasso di malnutrizione nel mondo.
Entro la fine del 2020 potremmo raggiungere la soglia di 12.000 morti al giorno a causa della fame provocata dalla pandemia di Covid-19. A sostenerlo è un recente rapporto di Oxfam “Il virus della fame”, che segnala inoltre che sono oltre 270 milioni di persone che già lottano per la sopravvivenza potrebbero cadere in uno stato di fame cronica, mentre 121 milioni rischiano seriamente di trovarsi senza più nulla da mangiare per un periodo di tempo prolungato. Ma il triste elenco non si ferma qui. L’UNICEF sostiene infatti che, a causa del virus, la malnutrizione dei bambini sotto i cinque anni è cresciuta del 14,3%: dai 47 milioni di piccoli malnutriti nel mondo nel 2019 ai circa 54 milioni di oggi. Secondo The Lancet, l’80% di questi bambini proverrebbe dall’Africa subsahariana e dall’Asia meridionale.
Questo scenario è solo la punta dell’iceberg di una situazione generale ben più complessa e preoccupante. Stravolgendo le catene di approvvigionamento mondiali, minando le economie dei Paesi ed erodendo il potere d’acquisto dei cittadini, la pandemia non solo provocherà più fame nel mondo ma sarà causa anche di problemi legati all’impoverimento delle diete e all’interruzione dei servizi nutrizionali. Disturbi come l’arresto della crescita, la carenza di micronutrienti, il sovrappeso e l’obesità sono sempre più frequenti: ai tempi del Covid-19 infatti è sempre più difficile mantenere alti standard qualitativi di alimentazione, evitare interruzioni dell’integrazione di vitamina A, fornire integratori alle donne incinta e promuovere campagne di sensibilizzazione sulla corretta alimentazione.
Come detto, anche i servizi nutrizionali essenziali stanno venendo progressivamente meno in questo inedito contesto mondiale. Tutto ciò è stato spesso provocato dalla forte riduzione dei trasporti e dalle interruzioni dei collegamenti che hanno impedito agli operatori umanitari di raggiungere le aree di crisi. I rapporti UNICEF parlano di una riduzione complessiva pari al 30% di tutte quelle attività di assistenza essenziali, comprese quelle salvavita. In alcuni casi sono stati registrati picchi di interruzione di servizi nutrizionali pari al 100% durante il lockdown. Un caso emblematico, ad esempio, lo abbiamo avuto ad Haiti, dove la paura di infezioni per mancanza di dispositivi di protezione per il personale sanitario ha fatto registrare un calo dei ricoveri per trattamento di malnutrizione del 73%.
Se la pandemia da Covid-19 ha favorito un incremento del tasso di malnutrizione nel mondo, è altrettanto vero che esiste un forte legame tra alimentazione e rischio di contrarre patologie infettive. Numerosi studi infatti confermano che circa la metà dei pazienti ricoverati per l’infezione è malnutrita, ha perdite di massa muscolare e ha tempi di guarigione più lunghe rispetto ai pazienti in buon stato nutrizionale. Un miglioramento della qualità dell’alimentazione e un forte contrasto della sarcopenia (perdita di massa muscolare), soprattutto in caso di pazienti più fragili (es. anziani) , porterebbe un sensibile miglioramento della funzione respiratoria e della risposta a i trattamenti sanitari.
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